Il tema degli squilibri planetari derivanti dall’attività antropica e da uno sviluppo non sostenibile sta coinvolgendo sempre più l’opinione pubblica: aumento della CO2, variazioni climatiche, scarsità di risorse, difficoltà di approvvigionamento energetico, inquinamento dell’aria, del suolo e del mare. Le persone iniziano, a porsi sempre più domande sulle tematiche e problematiche ambientali, le quali sono spesso correlate anche ad aspetti legati alla salute personale e pubblica .

Negli anni sono cresciute notevolmente le aziende che si pongono l’obiettivo di presentarsi come sostenitrici dell’ambiente attraverso messaggi positivi dal punto di vista ecologico: inseriscono il tema ambientale nelle proprie campagne pubblicitarie oppure sponsorizzano associazioni ambientaliste o iniziative a difesa della natura, nel tentativo di attribuire ai propri prodotti una connotazione ecologista.

Il concetto di tutela ambientale è diventata, quindi, una variabile strategica sempre più oggetto di considerazione da parte dei vertici aziendali: rappresenta un vantaggio competitivo per le aziende, fino al punto di diventare uno dei fattori che concorrono alla definizione della mission aziendale.

Esso si pone come obiettivo la commercializzazione di prodotti e/o servizi che hanno un basso impatto ambientale e che offrono all’ambiente un reale beneficio. L’obiettivo primario di un’azienda che attua il Green marketing resta comunque quello di generare profitti, ma con l’aggiunta di volere allo stesso tempo abbracciare una visione ecologica, che porti ad azioni concrete a favore dell’ecosostenibilità.

Purtroppo, però, non tutte le credenziali possono considerarsi davvero attendibili.

Infatti, lo sviluppo di questa maggiore sensibilità ambientale non ha dato origine soltanto al Green marketing, bensì anche al suo “alter ego cattivo”: il Greenwashing.

Il termine è composto dalle parole “green” (verde) e “wash” (lavare), deriva dalla parola inglese “whitewash” (riverniciare) e significa “verniciare di verde”. Con tale neologismo si vuole indicare la strategia con la quale compagnie, aziende o enti si tingono metaforicamente di verde, dichiarando di essere green anche quando non lo sono.

Ma quindi un consumatore come può capire?

Per valutare il livello di ambiguità e di possibile non-veridicità dei messaggi pubblicitari si possono prendere in considerazione diversi elementi, come ad esempio l’omissione di informazioni rilevanti oppure la presenza di affermazioni vaghe o non dimostrabili. Spesso ci si imbatte infatti in pubblicità e dichiarazioni che esagerano le caratteristiche dei prodotti o dei servizi forniti o addirittura arrivano al vero e proprio inganno attraverso un uso ben congegnato di parole, immagini o grafici che portano il consumatore a credere di star acquistando un prodotto salutare o eco-friendly, quando invece non lo è.

Per rimediare a questo disordine, esistono alcuni marchi di riconoscimento

(ISO 140001 ed EMAS)  consentono di ottenere alcuni vantaggi, fra cui una migliore immagine sul mercato e l’ottimizzazione dell’uso dell’energia e delle risorse dell’organizzazione.

Poi ci sono le etichette ambientali (possono essere sia europee che internazionali e si basano su un insieme di criteri ecologici ritenuti rilevanti, certificati da un organismo indipendente.)

Sono rilasciate solo ai prodotti che superano certi requisiti. Es. Ecolabel, FSC, PEFC, Oeko-Tex, marchio europeo dell’agricoltura biologica); le autodichiarazioni ambientali (riportano alcune informazioni ambientali del prodotto e prevedono dei vincoli da rispettare sui contenuti dell’informazione, come il fatto che le caratteristiche dichiarate debbano poter essere verificabili. Es. i famosissimi Mobius Loop e Punto Verde, ossia i simboli rappresentati rispettivamente da tre e da due frecce in circolo che indicano che un materiale è riciclabile); le dichiarazioni ambientali di prodotto (forniscono dati quantitativi sul profilo ambientale di un prodotto, utilizzando la Valutazione del Ciclo di Vita o LCA-Life Cycle Assessment del prodotto stesso.

Le informazioni devono basarsi su una metodologia scientifica e strumenti che siano riconosciuti e accettati e che portino a risultati accurati e riproducibili. È necessaria la verifica di un organismo indipendente, ma non è richiesto il superamento di una soglia di requisiti minimi, bensì il rispetto di un dato formato nella comunicazione dei dati, per facilitare il confronto tra prodotti diversi. Es. EPD); altri marchi (es. le etichette che si trovano sugli elettrodomestici che riportano le classi del consumo energetico).

Quindi in sintesi, prima di acquistare un prodotto potrebbe essere molto utile (sia per l’ambiente che per la propria salute) controllare quali garanzie offre, perché non è tutt’oro quel che luccica, o in questo caso meglio dire che non è tutto ecologico ciò che è verde e l’unica cosa a diventare verde – di rabbia – rischia di essere la faccia del consumatore che scopre l’inganno.

La scelta ecosostenibile da parte nostra passa ad esempio attraverso la scelta di prodotti locali e preferibilmente a km zero, riducendo la produzione di CO2. Oppure scegliendo alimenti che riducono nella loro coltivazioni la produzione di gas serra e aumento di CO e CO2, e questo può essere fatto riducendo l’introduzione di carni animali e orientandosi di più verso scelte di natura vegetariana come il consumo di formaggi e uova animali come fonte proteica e legumi come fonte proteica di origine vegetale. Sempre che non sussistano elementi per la loro eliminazione dalla personale alimentazione come le intolleranze. La scelta consapevole ed ecosostenibile ci permette di far capire che per produrre 1 kg di carne il consumo di acqua è elevatissimo rispetto alla coltivazione vegetale. Non possiamo più’ sostenere non solo l’effetto serra generato dai pascoli, il disboscamento e quindi la riduzione di ossigeno dovuto all’allevamento del bestiame e in cima a questo l’elevato consumo di acqua che questo genere di alimentazione basato sul consumo massiccio di carne genererebbe sui consumi idrici. L’acqua ‘e il bene più’ prezioso per la vita e con l’aumento della popolazione mondiale e il surriscaldamento del pianeta sono due cose che assieme ci porteranno a guerre e distruzione. Il surriscaldamento lo generiamo noi con i nostri consumi, il disboscamento con l’aumento della popolazione e lo sfruttamento dei territori, mentre il consumo di acqua anche per alimentare i pascoli che verranno poi mangiati siamo sempre noi che lo decidiamo. Solo attaccando in tutte le direzioni potrà il risultato nefasto sulla nostra terra essere ridotto e forse avere una speranza di pace e vita duratura. Ecco perche’ si parla anche di ecosostenibilitá. Scegliendo meno carne, più’ elettrico, più’ km zero, più stagionale, più’ biologico e più vegetale.

In questa foto si vede benissimo l’impronta idrica che ciascun alimento ha e forse una meditazione in merito sarebbe opportuna.