Dr. Marco Zanetti – Tratto da “Antinvecchiamento 2.0”

Negli ultimi anni, l’interesse scientifico e popolare verso la nicotinammide mononucleotide (NMN) è cresciuto in modo esponenziale. Al centro di questa attenzione c’è un coenzima fondamentale per il nostro organismo: il NAD+ (nicotinammide adenina dinucleotide), coinvolto in processi chiave come il metabolismo energetico, la riparazione del DNA, la longevità cellulare e la protezione neuronale. Tuttavia, la sua concentrazione tende a diminuire con l’età, aprendo la strada a possibili implicazioni su invecchiamento e malattie croniche.

Cos’è l’NMN e perché è importante?

L’NMN è un precursore diretto del NAD+, ed è naturalmente presente in alcuni alimenti come cavoli, funghi, pomodori, soia, gamberetti e salmone. Studi su modelli animali hanno mostrato che l’integrazione con NMN può aumentare i livelli di NAD+, migliorando parametri legati all’invecchiamento come stress ossidativo, infiammazione, danni al DNA e neurodegenerazione.

Recenti studi clinici sull’uomo, sebbene ancora limitati, suggeriscono che l’NMN potrebbe migliorare la forza muscolare, la velocità del cammino, la pressione arteriosa, la glicemia e persino la lunghezza dei telomeri (marcatori dell’invecchiamento cellulare). Un effetto particolarmente interessante è stato riscontrato nelle donne in postmenopausa con prediabete, dove l’NMN ha potenziato la sensibilità insulinica e la funzione muscolare.

Promessa o illusione?

Nonostante queste premesse incoraggianti, la comunità scientifica mantiene un approccio cauto. La maggior parte delle ricerche è stata condotta su animali o in vitro, e gli studi sull’uomo sono ancora pochi, di breve durata e con campioni ristretti. Inoltre, mancano indagini tossicologiche a lungo termine e valutazioni approfondite su diversi gruppi di popolazione (per età, sesso, etnia).

Un ulteriore nodo critico riguarda la definizione di livelli “normali” di NAD+: senza uno standard di riferimento chiaro, risulta difficile valutare con precisione l’efficacia dell’integrazione o identificarne i reali benefici preventivi.

Prospettive future

La tendenza più promettente sembra essere l’integrazione combinata: NMN associato a molecole come resveratrolo e ginsenosidi ha mostrato risultati superiori nel potenziare i livelli di NAD+ a livello cardiaco e muscolare nei topi. Parallelamente, cresce l’interesse per il potenziale effetto dell’NMN sul microbiota intestinale, sull’assorbimento dei nutrienti e sull’attività enzimatica.

Tuttavia, prima di considerare l’NMN un vero elisir di giovinezza, è fondamentale affrontare tre grandi sfide scientifiche:

  1. Studi clinici più ampi e di lungo termine, per valutarne sicurezza ed efficacia.
  2. Chiarire i meccanismi d’azione, anche attraverso l’utilizzo delle tecnologie “omiche” (trascrittomica, proteomica, metabolomica).
  3. Stabilire biomarcatori affidabili per misurare lo stato del NAD+ e correlare i suoi livelli con il rischio di malattie legate all’invecchiamento.

Conclusione

L’NMN rappresenta una promettente frontiera dell’anti-aging e della medicina preventiva. Ma come ogni innovazione biotecnologica, ha bisogno di prove solide, rigore scientifico e, soprattutto, tempo. Solo con dati certi e studi su larga scala potremo capire se questa molecola avrà un ruolo reale nella promozione della longevità e nella prevenzione dell’invecchiamento patologico.

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